Diversi sono gli elementi che hanno
permesso alle famiglie italiane di reggere l'impatto della crisi
economica, tra questi sicuramente il basso livello di indebitamento e
la scarsa propensione agli investimenti finanziari.
Per quanto riguarda quest'ultimo punto
si può dire che l'immaturità finanziaria delle famiglie,
spesso tacciata come un limite alla crescita del mercato italiano, ha
evitato conseguenze più gravi dal punto di vista economico e
sociale. Per una volta insomma un sostanziale ritardo nei confronti
di mercati più evoluti ha consentito di trarre vantaggi da una
situazione di recessione acuta. Quello che è certo è comunque che
il rapporto tra famiglie italiane e mercati finanziari non è mai
sbocciato, nemmeno in periodi finanziariamente più sereni.
Per quanto riguarda il 2010, secondo la
relazione annuale della Consob ( su dati Gfk Eurisko), la quota di
investitori retail che detengono almeno un prodotto finanziario
"rischioso" , ovvero azioni, obbligazioni, fondi di
investimento, polizze vita etc è stata intorno al 20%. Un dato
sostanzialmente in linea con quello dell'anno precedente e inferiore
di circa cinque punti percentuali rispetto al 2007, cioè a prima
della crisi economica.
Otto famiglie italiane su dieci perciò
rimangono oggi molto diffidenti nei confronti dei mercati finanziari,
preferendo impiegare i propri risparmi in titoli di Stato o in buoni
postali.
Qualcosa però si è mosso, infatti
rispetto al 2009 è cresciuta di 1,6 punti percentuali la quota di
investitori retail che possiedono obbligazioni bancarie, raggiungendo
il 10,5%, un livello superiore anche a quello raggiunto nel 2007
(9,3%). In crescita anche il numero di famiglie che investono in
obbligazioni non bancarie, che è passata dal 3,1% del 2009 al 3,7%
dello scorso anno.
Aumenta anche il grado di diffusione
dei titoli di Stato che passa dal 11,9% del 2009 al 13,4% del 2010,
mentre la percentuale che investe in fondi o Sicav è rimasta
stabile intorno all'8%.
L'esposizione complessiva delle famiglie
italiane verso i prodotti strutturati è però cresciuta del 10,2%,
passando dai 199,3 miliardi del 2009 ai 212,8 miliardi di euro dello
scorso anno. Perciò pur se è stabile la percentuale di famiglie che
investono in prodotti strutturati, aumenta la quota di risparmio che
le famiglie investitrici dedicano a questi strumenti finanziari.
In generale però la quota maggiore di ricchezza viene
investita sempre in depositi e risparmio postale, con una
percentuale del 44% sul totale, in aumento di 6 punti percentuali
rispetto al 2007.
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Ma a cosa è dovuta questa scarsa tendenza delle famiglie a ricorrere ai mercati finanziari?
Secondo la Consob, in parte alla scarsa diffusione del servizio di consulenza, che nel 2010 ha raggiunto solo l'8% delle famiglie. Va detto anche che questa bassa diffusione è dovuta anche al fatto che gran parte delle famiglie ritiene che alla base del servizio di consulenza vi sia un conflitto di interesse (lo pensa il 21% del totale) mentre solo il 10% si ritiene soddisfatta dei consigli (contro il 38% nel 2007).
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