La riforma Fornero, entrata in vigore il 18 luglio scorso, prevede tra i vari punti anche una disciplina rinnovata per il contratto di lavoro intermittente. Con questa formula ci si riferisce per legge al contratto per mezzo del quale un lavoratore si mette a disposizione di un’azienda per lo svolgimento di una determinata prestazione che non presenta carattere di continuità. Per questo motivo il lavoro intermittente viene definito anche lavoro a chiamata o job on call. A caratterizzare questa tipologia di collaborazione è proprio l’alternarsi tra fasi di disponibilità in cui non si ha alcuna prestazione o rapporto o fasi di attività. Questo non vuol dire che sia una formula priva di regolamentazione: la prestazione deve innanzitutto essere idonea a quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro e, in mancanza di riferimenti, ad istanza di legge. Il preavviso minimo che passa dalla chiamata alla data della prestazione è di un giorno.
Il rischio, purtroppo spesso concretizzatosi in passato, è che il contratto di lavoro intermittente nasconda di fatto collaborazioni continuative. La riforma Fornero è intervenuta proprio nel tentativo di ridurre il ricorso fraudolento al contratto di lavoro intermittente imponendo al datore di lavoro l’obbligo di comunicare preventivamente alla Direzione territoriale del lavoro mediante sms, fax o posta elettronica la durata della prestazione.
L’oggetto della prestazione deve ovviamente avere natura discontinua, secondo quanto espressamente previsto dai CCNL e nei limiti delle attività elencate dal Ministero del Lavoro nella tabella di cui al DM del 23/10/2004.
I contratti intermittenti in essere prima della riforma e incompatibili con essa cesseranno di avere effetto dal 18 luglio 2013.
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