Secondo la ricerca condotta dalla CGIL
: Professionisti: a quali condizioni? la condizione lavorativa
dei lavoratori autonomi italiani, che ammontano a ben 5 milioni, non
verte in una situazione florida dal punto di vista dei redditi e
soprattutto il loro business si è rivelato piuttosto discontinuo
durante gli ultimi anni.
Quasi la metà dei lavoratori infatti,
ovvero il 44,6%, nel corso del 2009 ha ottenuto un reddito netto
inferiore ai 15 mila euro e ben il 23% ha guadagnato una cifra
inferiore ai 10 mila euro annui. La percentuale dei lavoratori con
reddito compreso tra i 15 mila e i 20 mila euro è risultata, invece
pari al 17%, quella tra i 20 mila ed i 30 mila euro annui pari al 18,5%, mentre i redditi più elevati, ovvero quelli superiori
a 30 mila euro annui, sono stati il 17,2% del totale.
Significative le differenze di reddito
per quanto riguarda le diverse aree professionali: la fascia di
reddito più bassa, ovvero quella inferiore ai 10 mila euro euro
annui, interessa ben il 40,8% dei professionisti operanti nellambito
della cultura e dello spettacolo, seguita da quelli operanti
nellarea dellinformazione e delleditoria con il 35,4% e da
quelli dellarea giuridica con 30,9%. Il 30% della categoria di
lavoratori comprendente operai, artigiani invece ha dei redditi
inferiori ai 10 mila euro.
Nella fascia di reddito più alta,
dunque quella con redditi annui superiori ai 30 mila euro, si colloca
il 24% dei professionisti dellarea economica, seguiti dallarea
gestionale ed amministrativa (22,2%), dallarea tecnica (21,3%),
dallarea socio-sanitaria ed assistenziale e dallarea giuridica
con il 19,4% .
Ben il 61,4% degli intervistati,
inoltre, ha dichiarato che nel corso degli ultimi 5 anni si sono
alternati periodi di lavoro a periodi di inattività, quindi anche
prima della crisi economica. Da questo punto di vista, ben l88,3%
dei lavoratori del settore cultura e spettacolo ha dichiarato di aver
lavorato ad intermittenza negli ultimi anni, a seguire docenti ed
educatori (76,7%) ed interpreti e traduttori (70,6%). A lavorare con
maggiore continuità sono stati invece i ricercatori (il 76,2% ha
dichiarato di aver lavorato con continuità negli ultimi 5 anni),
seguiti dai professionisti dellarea economica con il 63,9%.
Di questi lavoratori, inoltre, circa un
terzo versa i contributi alla gestione separata allInps, mentre il
14% non ha alcun contributo pensionistico.
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La discontinuità dei redditi, inoltre, fa si che ben 6 lavoratori su 10 si dichiarino pronti a versare una quota contributiva pur di potersi garantire unindennità di disoccupazione.
Un altro aspetto interessante per quanto riguarda la condizione lavorativa dei lavoratori riguarda leffettiva scelta della loro posizione: lo status di lavoratore autonomo è per il 46,6% lunico modo di lavorare nel mercato, dunque una necessità. Percentuale a cui si aggiunge l8,5% che ha dichiarato che il proprio datore di lavoro ha richiesto esplicitamente questa formula per poter svolgere la professione.
Discontinuità ed incertezza del futuro, soprattutto dal punto di vista pensionistico, caratterizzano dunque la condizione dei lavoratori autonomi italiani, anche se gli stessi intervistati hanno evidenziato anche degli aspetti positivi, quali ad esempio la possibilità di gestire in maniera flessibile il lavoro e di avere maggiori opportunità di crescita rispetto al lavoro dipendente.
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